| “«Vita liquida» e «modernità liquida» sono profondamente connesse tra loro. «Liquido» è il tipo di vita che si tende a vivere nella società liquido-moderna. Una società può essere definita «liquido moderna» se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo. (Introduzione, pag. VII).
Sono queste le parole con cui Zygmunt Bauman, il famoso ed emerito sociologo, inizia l’Introduzione del suo Vita liquida (trad. it. di M. Cupellaro, Laterza 2006), che costituisce il terzo appuntamento con la “liquidità” dopo Modernità liquida e Amore liquido. La mia prima osservazione, cominciando a leggere questo testo, è stata notare la grande capacità dell’autore nel rendere conto della liquidità della vita e della società con un’attività profondamente “solida”, quale è lo scrivere. Scrivere del divenire, dare una forma a ciò che muta continuamente, appare sempre come un’impresa disperata; se Bauman l’ha fatto magistralmente è perché l’etichetta di “sociologo” gli sta stretta: in Vita liquida, filosofia ed economia, antropologia e politica si uniscono in un’interpretazione nuova, lucida e profonda della contemporaneità.
Nei suoi ultimi lavori, Bauman ha inteso spiegare la postmodernità usando le metafore di modernità liquida e solida. Nei suoi libri sostiene che l'incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. In particolare, egli lega tra loro concetti quali il consumismo e la creazione di rifiuti umani, la globalizzazione e l'industria della paura, lo smantellamento delle sicurezze e una vita liquida sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi esclusa, e così via. L'esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull'estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare l'essenziale, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità. Secondo Bauman il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. se essere individui significa “essere tutti diversi”, allora ognuno è uguale all’altro. In una società individualista «ciascuno deve essere un individuo: almeno in questo senso, chi fa parte di una simile società è tutto fuorché un individuo diverso agli altri, o addirittura unico» (pag. 4). L’individualità, la ricerca del “vero me stesso”, appare come un obiettivo da svolgere individualmente, «un compito affidato dalla società ai suoi membri» (pag. 7); ma è un obiettivo che, nel momento stesso in cui è dato, è destinato a non essere mai raggiunto.
Una piccola ricerca dello stampo COPIA-INCOLLA fatta da me per filosofia (la versione ultimata è ovviamente rielaborata da me X3) ditemi cosa ne pensate.
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