JamesJames guardava distrattamente i batuffoli bianchi muoversi placidamente nel cielo, ignari della fretta degli esseri viventi che formicolavano sotto di loro. Fuori dal finestrino del treno si proiettava il panorama incontaminato delle colline vicino a Doorville, la città verso cui era diretto e dove sarebbe iniziato il suo forzato viaggio. Il paesaggio rurale offriva una valida alternativa all'ambiente cittadino e caotico a cui si era abituato. Niente dirigibili che oscuravano i cieli, niente fumi dalle industrie o folle di gente che si accalcava nei mezzi pubblici per tornare a casa dopo una giornata estenuante di lavoro. Lo scenario cambiò bruscamente e le colline lasciarono il palco ad una vallata in cui serpeggiava un fiume azzurro e limpido. I riflessi del sole brillavano al punto di contatto con l’acqua, rendendo la purezza di quel posto quasi paradisiaca. Rimase stupito, sorpreso da una bellezza che non vedeva da tanto tempo. Certo, i giardini imperiali erano maestosi, ma non erano altro che uno sprazzo di colore in un ambiente monotono e noioso.
Il fischio del treno echeggiò nella valle. Il macchinista ridusse lentamente la potenza al motore e la maestosa macchina meccanica iniziò a rallentare. James si alzò dal suo sedile, si girò e dal ripiano superiore fece scivolare uno zaino grigio di nylon. Dentro vi era lo stretto necessario che si era portato da casa. La cabina era vuota e quindi si prese il permesso di poterlo appoggiare sul sedile accanto al suo. Controllò che le cerniere fossero chiuse, se lo mise in spalla e si avviò verso l'uscita del vagone passeggeri chiudendo la porta di legno scuro dietro di sé.
La vettura del treno era stata costruita in modo da ricordare le vecchie carrozze degli anni passati; il pavimento era di parquet sull'ocra diligentemente lucidato. La macchina di testa frenò di colpo e James dovette aggrapparsi al corrimano in ottone per non cadere sui pendolari davanti a sé. Era un bell'ambiente, di prima classe, comodo e abbastanza spazioso, ma all'avvicinarsi della stazione i corridoi si riempivano inevitabilmente di uomini e donne irrequieti. Essi si amalgamavano poco omogeneamente tra di loro, formando una forte corrente che avrebbe fatto desistere chiunque avesse tentato di camminare contro di essa. Il vociare delle famiglie, e soprattutto delle madri che cercavano di radunare i propri figli, sovrastava quello del locomotore in arresto. Una giovane coppia cercò di farsi strada tra il fiume di gente, ma inesorabilmente veniva spinta dentro la propria cuccetta. James si fermò e lasciò passare i due che ringraziarono l'uomo con un frettoloso cenno della testa. Finalmente arrivò alla porta e dopo quanto gli parve un'eternità riuscì a mettere piedi sulla terraferma. Seguì l'affluire della folla che alla fine l'avrebbe condotto fuori dalla stazione.
Libero da quella pressa umana si concesse un momento per stirarsi gli arti indolenziti. Si crogiolò nella favolosa sensazione di sollievo che gli invase i nervi, poi la sua attenzione fu attirata dalla figura atletica riflessa in una vetrina vicina. Quel giorno indossava una camicia bianca su un paio di jeans che si era permesso di comprare durante gli sconti in un negozio nell'impero. La misura giusta gli aveva risparmiato il problema di doversi munire anche di una cintura. I piedi erano racchiusi in delle comode scarpe di pelle nera, basse e senza lacci. L'aspetto casual era uno dei suoi preferiti, amava passare inosservato tra le folle e non aveva bisogno di indumenti firmati e costosi per sentirsi a proprio agio. Non che il denaro fosse un problema, proteggere la vita della persona più importante del proprio paese aveva impennato le sue entrate fiscali quasi come fossero state sparate con dei razzi. Purtroppo la situazione attuale non gli aveva permesso di portare né un'arma né l'armatura. Se i locali avessero scoperto che una guardia imperiale si stesse aggirando in borghese nella loro città sicuramente si sarebbero posti delle domande. Troppe domande avrebbero allertato la polizia. La quale si sarebbe messa in moto come un nido di api allertate dalla presenza di un orso.
Scacciò quelle domande dalla mente concentrandosi sull'architettura degli edifici colorati della città. Alcuni di essi erano molto simili ad appartamenti nati durante l'era industriale, altri avevano mantenuto una forma vittoriana che donava tonalità chiare e forti al centro urbano. Per la prima volta dopo molti giorni poteva finalmente liberarsi la testa da ogni preoccupazione, anche se momentaneamente, e godersi in tranquillità un po' di tempo libero. A pochi metri da sé notò l’entrata di un rigoglioso parco. Il sole era alto nel cielo e la giornata si prospettava serena. Un urgente bisogno di passeggiare portò tutte le altre priorità in secondo piano e non poté fare altro che adempiere ad esso.
James sorseggiò le ultime gocce di quello che gli avevano venduto come birra. Non che fosse un intenditore, ma quella sostanza possedeva un retrogusto di mela che non aveva mai assaporato in vita sua. Si leccò le labbra e soffocò il bisogno di digerire con suoni pochi consoni al luogo, poi lanciò la lattina verso il bidone della spazzatura. Il piccolo oggetto di alluminio colpì il bordo, danzò per un attimo su di esso, e con grande disappunto dell'uomo cadde a terra rotolando per qualche metro.
Silverwing grugnì in delusione e si alzò dalla panchina. Raccolse la lattina ribelle e la consegnò al suo destino. Si sentì pungolare sul fianco e il gesto inaspettato lo fece sobbalzare. Due grandi occhi verdi incontrarono i suoi quando si girò verso l'origine del disturbo: un ragazzino sulla quindicina d'anni lo guardava con uno sguardo misto tra la timidezza e la paura. James alzò un sopracciglio, squadrando il bambino. I capelli erano tenuti corti, di un arancione acceso e notò che indossava una stretta maglietta verde con il numero nove stampato sul retro e dei calzoncini blu scuro corti.
Aspettò che parlasse ma questi lo continuò a fissare senza dire nulla. Il poveretto doveva avere perso la parola.
"Ah, mi dispiace piccoletto, ma non sono io che guarisco i muti."
"Io... uhm... volevo chiederti un favore."
La sua voce si fece talmente sottile quanto un bisbiglio. James si accucciò a terra in modo da conversare faccia a faccia con il bambino.
"Certo. Allora, quale è il problema?"
Pel-di-carota sorrise e fece cenno alla guardia in borghese di seguirlo. I due raggiunsero ad un parco giochi al centro dello spazio verde. Famiglie con bambini e persone con animali al seguito erano i frequentatori maggiori di quel luogo, ma qua e là, come a denotare quanto fosse diversa nel suo piccolo Doorville, passeggiavano anziani in cerca di una boccata d'aria fresca.
I due si avvicinarono ad un albero che aveva attirato altri ragazzini, incantandoli a naso in su. Come se fosse stato rapito anch'egli da quella strana magia volse l'attenzione verso la chioma della pianta. Ed eccolo lì, il problema di tutta quella cagnara: una palla gialla si era incastrata tra i rami, probabilmente colpita da un piede maldestro durante la foga della partita.
"Uh ragazzo, ti sembro una scimmia?"
Gli altri bambini, che finora non si erano accorti della presenza dell'uomo, si ammutolirono all'istante. Diamine, si sentiva come un telecomando su cui vi era stato inserito solo il bottone di muto.
"Forse potresti... scrollarlo..."
James lo guardò incuriosito, poi rise. La faccia del piccoletto divenne rossa quanto un peperone e quando l'uomo gli posò la mano sul capo scuotendogli i capelli rossi saltò all'indietro come un coniglio. Senza proferire altre parole James si avvicinò al tronco e lo scrutò. Si trattava di un giovane melo, la corteccia chiara era rovinata da alcune incisioni scolpite da qualche coppietta in calore. Si potevano intravedere i boccioli di quelli che sarebbero stati i frutti creati da quella pianta.
Indietreggiò lentamente, poi come se fosse stato lanciato da una molla, balzò in avanti e portò tutta l’energia creata dal moto sul lato del suo corpo. Colpì l'indifeso albero con una spallata, esso tremò come se fosse stato scosso da un gigante e la palla cadde a terra rimbalzando ai piedi dei ragazzi. James si massaggiò la parte dolorante, cercando di apparire illeso davanti alla gente che si era radunata ad osservare la scena e che seguì la conclusione di essa con un'esclamazione di meraviglia.
"Wow, grazie signore!"
"Sempre a disposizione, ragazzi." Disse tra un sorrise e una smorfia nascosta di dolore. Un vecchietto si avvicinò all'uomo posando con poca delicatezza la sua mano raggrinzita dal tempo sulla spalla del campione. James trattenne un lamento. Quel vecchiaccio lo aveva fatto di proposito.
"Giovanotto, non ho mai visto nessuno prendere a spallate un tronco di un melo senza uscirne con qualche frattura. Ti dico io, ho un meleto qui vicino. Tu li scuoti e io ti pago.”
James si allontanò dai ragazzini che ripresero a giocare, seguendo il vecchio. Era calvo con la testa che risplendeva letteralmente alla luce del sole. Una lunga barba bianca ben curata gli nascondeva la parte inferiore del volto. Se avesse avuto un mantello blu anziché una polo dello stesso colore avrebbe potuto passare per un mago.
"L’offerta mi lusinga, ma al momento i miei servigi sono stati richiesti da un’altra persona. Sa, affari. E poi la mia spalla avrebbe qualcosa da ridire."
Il vecchio si lisciò la barba, pensando alla scontata risposta dell'uomo. Gli occhi guizzarono dalla testa ai piedi di James, poi con un sorriso nascosto dai peli inferiori scosse la testa.
"Beh giovanotto, una volta gli uomini d'affari andavano in giro in giacca e cravatta. Tu mi sembri il tipo che sia stato appena scacciato di casa dalla moglie."
Silverwing aggrottò le sopracciglia, ma non riuscì a trattenere un ghigno di fronte all'arguzia del vecchio.
"Fuochino, signore. Mettiamola in questo modo, sono qui per affari e la mia donna mi ha cacciato di casa."
Girarono in un vicolo dove le particelle del sole erano smorzate dagli alti palazzi. Il pavimento era piastrellato di pietre bianche, alcune delle quali erano mal livellate.
I due continuarono per le vie della città, il vecchio ogni tanto spiegava qualche curiosità sul posto visitato, finché non entrarono in un’altra strada stretta. Un uomo sanguinante corse nella direzione opposta. I due non ci fecero caso e lo lasciarono passare. All'uscita del vicoletto James si lasciò sfuggire un fischio di meraviglia e incredulità.
"Questo è ciò che ti ha portato qui, vero?"
James annuì con il capo, avvicinandosi a quella strana costruzione. Il portale sembrava essere composto da uno strano liquido trasparente, tanto che era possibile vedere l'altro lato di esso.
*Ovviamente. Una dannata giungla. Mi chiedo che diavolo mi fossi aspettato.*
L'annusò, ma nessun odore gli stuzzicò le narici. Emetteva però un gorgoglio poco rassicurante, simile a quello dell'acqua sul punto di ebollizione. Lo toccò, e i nervi recepirono una temperatura tiepida. Ritrasse la mano che era rimasta asciutta.
"Qualunque cosa tu troverai là dentro, ti auguro buona fortuna."
James si girò, stringendo la mano all'anziano che a sua sorpresa ricambiò con una stretta vigorosa. Quest’ultimo scomparve dopo avergli ricordato che l’offerta iniziale sarebbe stata sempre valida. Chiunque fosse stato quell'uomo era sicuro che sotto quella maschera innocente si celasse una persona interessante.
Era tempo di mettersi in marcia. Il rendezvous con il resto della squadra era in un punto oltre quel mondo. Trovarli era il primo obiettivo della sua missione, il resto lo avrebbe deciso con loro.
Tenne la testa bassa ed entrò.
James si sposta nella Everfree Forest
Al momento non riesco a controllare e correggere eventuali errori di battitura, quindi perdonatemi se dovessero essere presenti.
Edit: typos
Edited by DerpyCobra - 21/1/2013, 23:45